giovedì 26 gennaio 2012

Inceneritore a Montello?

MONTELLO. NUOVO PIANO DI LOTTIZZAZIONE DELLA MONTELLO SPA: NON C’E’ PIU’ LA CLAUSOLA ANTI-INCENERITORE

Il 24 novembre scorso il consiglio comunale di Montello ha deliberato l’adozione di un nuovo piano di lottizzazione relativo agli ampi insediamenti della Montello Spa. Il nuovo strumento urbanistico da un lato accoglie – a nove anni di distanza della delibera regionale – le previsioni di interporto che riguardano una parte dei terreni della società, dall’altro - nell’allegato D delle norme tecniche attuative - abolisce la clausola che vietava lo smaltimento rifiuti tramite inceneritore.

Spiace constatare indipendentemente dal merito della scelta che non c'è stata comunicazione e condivisione con i comuni limitrofi.

Come promesso manterremo alta l'attenzione sull'argomento.

" Difenderemo un modello sociale unico al mondo "

Signor Presidente, come si sa noi sosteniamo lealmente e con le nostre idee il Governo Monti, che per noi è un Governo di emergenza e di impegno nazionale. Fuori sacco dirò che al Governo di emergenza formuliamo l'auspicio che voglia presidiare visibilmente emergenze sociali che si mostrano nel Paese; un Paese che deve essere guardato in faccia certamente nell'esigenza di riforma, ma anche nelle difficoltà più immediate ed acute che sta vivendo.Al Governo di impegno nazionale chiediamo, fra le altre cose, di rimettere in carreggiata il nostro ruolo europeo e di ridarci il nostro profilo europeo, che non è quello di parlare di Europa come se si bussasse alla porta di casa altrui per vedere se qualcuno ce la apre, ma parlarne come si parla della casa comune, che in questo momento sta pericolosamente incrinandosi, parlare da Paese fondatore cioè, che non rinuncia all'obiettivo storico dell'unità federale dell'Europa.Dentro la crisi, quel grande obiettivo rischia di sfuggirci di mano e l'euro rischia di diventare non il nuovo inizio ma la colonna d'Ercole del sogno europeo. Dobbiamo assolutamente reagire, partendo certamente dalle questioni economiche e finanziarie, ma senza fermarci lì. Sul tema economico e della finanza pubblica, al di là delle diplomazie, credo vada detto con chiarezza che questa divisione dell'Europa in buoni e cattivi ci sta portando ad un disastro collettivo.(...) E non si dica quindi che l'Italia può farcela da sola, perché nessuno ce la fa da solo, e del resto non ce la fece da sola la Germania quando dopo il muro cercò la sua nuova strada. Non fece da sola, fece con l'Europa, e l'euro fu il pegno di un equilibrio che non alludeva solo all'economia ma alla promessa, presa in un momento cruciale, di un destino comune dell'Europa. È quella promessa che è in gioco oggi, e bisogna trovare il modo di dirlo, non meno di questo. E solo cosa da economisti o dei mercati trovare una strada comune? No, non può essere che la più grande piattaforma economica del mondo diventi l'epicentro del problema. Non può essere che il migliore esempio di equilibrio fra economia e società che si è visto al mondo diventi un esempio negativo da cui guardarsi, e non è possibile stare qui col cuore in mano a vedere cosa succede del debito greco, di un Paese che, con tutto il rispetto, ha il 3 per cento del PIL europeo. Non è possibile.Quindi, mezze parole, mezze decisioni, passi a metà, non servono più. Se è così è meglio risparmiare le riunioni, insomma.Il messaggio deve essere chiaro, è un messaggio politico fondamentalmente e deve, più o meno, dire così: non passeranno, non passerete, l'euro lo difendiamo assieme, contrasteremo la recessione con degli strumenti orientati all'occupazione e alla crescita, faremo pagare alla finanza un po' di quel che ha provocato perché tutto non ricaschi sul welfare e sull'occupazione. È questo il messaggio. (...) Venir via dal debito ai ritmi matematici nel modo azzardato, inavvertito, con cui noi abbiamo sottoscritto, non esiste, no? Alle cose impossibili nessuno è tenuto. Quindi, benissimo adesso aggiustarli con criteri di riferimento. So che lei, Presidente, sta combattendo su questo punto con grande determinazione. Ne siamo contenti, ma alla fine, se non è credibile un meccanismo, non ci andiamo di mezzo solo noi, ci va di mezzo l'insieme delle misure che si prendono. Noi non siamo la Grecia. Mettere noi di fronte all'impossibile, significa mettere l'Europa di fronte all'impossibile. Bisogna ragionare. Quello che sto dicendo non toglie nulla all'impegno dell'Italia sia nella disciplina sia nelle riforme strutturali; toglie solo l'idea che si possa farci avvitare in meccanismi di recessione- manovra e manovra-recessione. Questo non può essere. Noi il primo passo lo stiamo facendo sul contenimento dei conti, sulle riforme. Il secondo passo lo facciamo con l'Europa. Non lo chiediamo all'Europa, lo facciamo con l'Europa, ma senza questo secondo passo assieme nessuno va da nessuna parte.
Infine, Presidente, il PD si sta impegnando perché ci sia una piattaforma comune dei progressisti europei, così che nella crisi già si veda finalmente un'Europa come comunità e non solo come tavolo di nazioni. Nel profondo, Presidente, noi crediamo di sapere perché non si fa quello che tutti vedono che si dovrebbe fare. Sappiamo perché in larghe parti delle opinioni pubbliche, non solo tedesche, è diventato più accettabile farsi consapevolmente del male con l'egoismo che salvarsi con la solidarietà. (...) Noi sottoscriviamo con grande convinzione l'impegno che stiamo prendendo e mi piace molto il fatto che lo prendiamo larghissimamente in questo Parlamento; noi ci impegniamo come partito per quel che possiamo a suscitare con tutti i progressisti europei nelle prossime sfide, elettorali e politiche, un moto d'opinione democratico ed europeista che aggiorni e ribadisca i capisaldi di un modello sociale unico al mondo che ci rifiutiamo di vedere svilito e distrutto.
PIERLUIGI BERSANI

lunedì 16 gennaio 2012

E' aperto il tesseramento 2012. Prima di tutto l'Italia

E' aperto il tesseramento al Partito Democratico per il 2012.
Il circolo organizzerà a breve una cena in cui sarà possibile anche rinnovare la tessera. Per info scrivere alla nostra email: PDpuntodincontro@gmail.com


martedì 3 gennaio 2012

L'agenda del PD


CARO DIRETTORE, come tutti dicono, abbiamo davanti un anno arduo e non semplice da interpretare. Vale forse la pena di "progettarlo" un po', togliendo di mezzo un eccesso di fatalismo. Vorrei cominciare con qualche prima idea.

1. La scena si apre sull'Europa. Fino ad ora le decisioni sono state deboli. L'agenda da qui a marzo di per sé non rassicura. Nelle opinioni pubbliche è ancora dura come il marmo quell'ideologia difensiva e di ripiegamento che le destre europee hanno coltivato, ricavandone inutili vittorie, e che i progressisti non hanno potuto o saputo contrastare, ricavandone larghe e dolorose sconfitte.

Inutile illudersi. O si mette in comune rapidamente e seriamente la difesa dell'Euro (vincoli di disciplina, strumenti efficaci e condivisi contro la speculazione e per la crescita, politiche macroeconomiche coordinate) o sarà il disastro. Se davvero l'Italia è troppo grande sia per fallire che per essere salvata, allora è troppo grande anche per stare zitta.

È tempo che ciascuno di noi faccia la sua parte in Europa; il Partito Democratico sta lavorando per la piattaforma comune dei progressisti europei. Ma è tempo anche di fare qualcosa assieme, qui in Italia. Governo e forze politiche possono determinare una posizione nazionale. Il Parlamento (che non esiste solo in Germania!) può articolarla e assumerla. Il nostro Presidente del Consiglio può interpretarla e gestirla al meglio. Le idee ci sono e vedo su di esse la possibilità di una larga convergenza.

Il biglietto da visita delle nostre idee in Europa potrebbe essere così concepito: noi continueremo le nostre riforme e ci riserviamo ogni ulteriore iniziativa per rafforzare la nostra credibilità. Ma non faremo più manovre. A chi raggiunge il 5% di avanzo primario che cosa altro si può chiedere? Nel caso, nessuno pensi di trattarci come la Grecia. Come si diceva, siamo troppo grandi e quindi parecchio ingombranti. Se ne tenga conto.

2. Torniamo qui ai nostri compiti. Salvare l'Italia significa, al concreto, contrastare la recessione, produrre crescita e occupazione, dare una prospettiva alla nuova generazione. Salvare l'Italia è possibile solo se cambiamento e coesione si danno la mano. Se coesione e cambiamento diventassero un ossimoro, non ci sarebbe speranza.

L'azione di governo deve dunque possedere un metodo fondamentale e un fondamentale messaggio. Quanto al metodo, emergenza e transizione pretendono una forma particolare di dialogo sociale tale da sollecitare partecipazione e corresponsabilità, salvaguardando comunque la decisione tempestiva. Si può fare e, a parer mio, si deve fare.

Ma voglio sottolineare in particolare il metodo politico. Il Governo troverà la sua forza in un rapporto stabile, permanente e ordinato con i Gruppi Parlamentari; un rapporto da allestire anche nella fase ascendente delle decisioni. Si parli di mercato del lavoro, o di liberalizzazioni, o di politica industriale, di pubblica amministrazione, di immigrazione, di Rai e di cento altri temi, esistono in Parlamento, da ogni lato, idee inevase da anni e non necessariamente divisive.

Dica il Governo il suo piano di lavoro, raccolga dal Parlamento orientamenti e idee e avanzi quindi le sue decisioni e le sue proposte. Noi non pretendiamo il cento per cento di quel che faremmo, e così sarà per gli altri. Ma la trasparenza e la chiarezza servono a tutti. Quanto al messaggio fondamentale, se nell'emergenza è in gioco il comune destino del Paese, si deve innanzitutto promuovere un'idea di comunità degli italiani. Ci si ricordi allora che la solidarietà è la materia prima di una comunità, è ciò che la distingue da una accozzaglia anarchica di interessi.

Se vogliamo farcela, tutti assieme, i riflettori vanno dunque puntati su chi è più in difficoltà. Bisogna predisporre l'aiuto a chi sta vivendo e vivrà le condizioni più difficili, come l'assenza di lavoro, l'insufficienza di reddito o una disabilità abbandonata. Su questo, non ci siamo ancora. Occorre fare di più, cominciando col cancellare qualche inutile asprezza di alcune misure già adottate che suscitano un giusto risentimento.

3. La grande parte delle forze politiche e parlamentari si dichiarano interessate e disponibili ad una iniziativa di riforma delle Istituzioni e della politica. Il Presidente della Repubblica la sollecita autorevolmente. È evidente che un simile percorso significherebbe stabilità per il Governo e maggiore credibilità della politica e delle Istituzioni nella prospettiva della nuova legislatura.

Sto parlando della già avviata adozione di parametri europei nei costi della politica, di riduzione del numero dei Parlamentari, di riforma del bicameralismo, di radicale aggiornamento dei regolamenti parlamentari e, alla luce delle prossime decisioni della Corte, di riforma elettorale. Su tutto questo esistono proposte e appaiono possibili convergenze significative.

Si intende fare sul serio? Intendiamo davvero passare dalle parole ai fatti? Questo pronunciamento tocca innanzitutto ai segretari dei partiti, ovviamente non solo a quelli che hanno votato la fiducia al Governo, ma a partire da loro. C'è poco tempo ed è quindi ora di prendersi impegni pubblici, espliciti e dirimenti.

I tre punti che ho segnalato dovrebbero essere, a parer mio, l'agenda di gennaio. Infine una parola per chi, nel gioco ormai stucchevole fra tecnica e politica, si predispone a promuovere, chissà in quali forme nuove, l'edizione 2012 dell'antipolitica. L'Italia ha già dato.

Per quello che ci riguarda il Partito Democratico ha compiuto un gesto propriamente politico, trasparente e generoso, nel sostenere questa transizione e si predispone ad offrire agli elettori, quando sarà il momento, una proposta riformista e democratica di ricostruzione, alternativa al decennio populista.

Siamo pronti a riconoscere in termini nuovi i codici e i limiti della politica. Anche in questo difficile passaggio, tuttavia, siamo convinti di poterne rafforzare la dignità e l'indispensabile ruolo.